Ad integrazione delle note già pubblicate, e in preparazione di un cantiere su questo argomento, proponiamo le conclusioni di un interessante saggio di Maria Cristina Cimaglia e Fabio Corbisiero* dal titolo "Occupare conviene. Incusione sociale e integrazione fra politiche del lavoro e politiche sociali nel caso della regione Campania", in Working Papers Nuovi Lavori, rivista quadrimestrale n. 1, anno I del 24 Novembre 2008. Il testo completo del saggio è qui. Anche chi non è proprio "radicale" come forse siamo noi dell'Arcipelago sembra pensarla molto simile a noi, e anche con chi non è priorio "radicale" come noi si può imparare, discutere, cambiare.
Conclusioni
Lo spaccato offerto dall’indagine qualitativa sul mercato del lavoro in Campania** ha posto in primo piano la debolezza di un sistema produttivo fondato sul perseguimento della competitività e sull’abbattimento del costi del lavoro, oltre che sulla diminuzione delle tutele dei lavoratori. Politiche del lavoro e politiche sociali basate su incentivi che non si misurano direttamente con i vincoli del mercato locale o calibrate su sistemi asintotici come il reddito di cittadinanza si sono dimostrate inefficaci. Un lavoro discontinuo e flessibile, con scarse garanzie e tutele – tra cui vanno annoverate anche quelle garantite dalla legge, ma difficilmente reclamate e reclamabili di fatto dai lavoratori – da cui si ricava un reddito insufficiente ad una vita dignitosa, non ha come effetto soltanto quello di aumentare la percezione del senso di precarietà del lavoro ma anche quello di frantumare, nelle sue fondamenta, il contratto sociale su cui si è eretta la società contemporanea. È il venir meno di quel senso di fiducia che è alla base del patto tra generazioni su cui si fonda la tutela pensionistica, del patto fra occupati e disoccupati che è alla base del nostro sistema di ammortizzatori sociali e tutele previdenziali, e ancora del patto fra popolazione attiva e persone temporaneamente o permanentemente non occupabili su cui si regge il sistema di assistenza sociale e, più in generale, è il venir meno del senso di fiducia tra il cittadino e lo Stato.Come ha mostrato l’evidenza empirica restituita in questo saggio, l’illegalità non si traduce per default in criminalità organizzata, ma può assumere tante sfaccettature che vanno dalla truffa malcelata (come nel caso dei part-timer che in realtà sono impiegati a tempo pieno) al lavoro sommerso e atipico a vita. Continua...
È nel senso di una maggiore qualificazione del lavoro che la Regione Campania ha avviato un processo mirato a predisporre un sistema istituzionale ed un quadro normativo che possano intervenire su una realtà assai complessa. Nella consapevolezza che la competitività al ribasso non premia, il legislatore ha incentrato la sua strategia nella promozione della “qualità del lavoro”, che diviene la testa di ariete per contrastare il fenomeno del lavoro sommerso e perseguire obiettivi ambiziosi che investono lo sviluppo locale, l’inclusione sociale, le strategie aziendali di gestione del personale e quelle imprenditoriali di competitività nel mercato. Il raggiungimento di questi obiettivi è fondato sul sistema di certificazione di “Alta Qualità del lavoro”, che costituisce lo strumento operativo per realizzare concretamente la filosofia ispiratrice del disegno di legge; un meccanismo complesso al pari della realtà che è chiamato a trasformare.
“Occupare conviene” – il leit motiv del disegno di legge – è un’efficace sintesi dell’obiettivo ultimo cui ambisce il legislatore, ossia un mercato del lavoro in cui l’occupazione di qualità è un vantaggio per l’intero contesto economico e sociale territoriale, perché può rappresentare l’unica strategia per evitare i rischi di implosione che le sfide della competitività globale comportano. Ma per giungere ad essere una strategia produttiva vincente deve affermarsi economicamente e culturalmente.
L’affermazione economica implica la convenienza ad entrare in un circuito del lavoro regolare e, nella migliore delle ipotesi prospettate dal legislatore, virtuoso. Consapevole dei fallimenti delle politiche di emersione realizzate nel Mezzogiorno, il legislatore campano ha adottato la tecnica del consolidamento delle imprese, anziché della riduzione temporanea del costo del lavoro. Ma in quelle produzioni in cui la concorrenzialità si gioca solo sui costi del lavoro, anche queste strategie rischiano di essere inefficaci; in questo caso servono politiche industriali che incidano sul tipo di attività economica, per spingerle ad entrare in mercati in cui la competizione si gioca su altri fattori109. Da questo punto di vista il disegno di legge campano offre uno spiraglio, che è dato dalla integrazione fra le iniziative dirette ad elevare i livelli di qualità del lavoro cui sono connessi i finanziamenti, il superamento di determinati livelli dimensionali delle aziende e l’incremento degli investimenti e l’occupazione diretta nelle aree della ricerca e sviluppo. Manca ancora al Sud quel quid imprenditorial-innovativo tale da promuovere processi di innovazione industriale e affrancamento dalla zavorra del lavoro sommerso e dell’economia criminale. In tal senso si potrebbe suggerire uno spazio Stato- Regioni dedicato alla costruzione di strategie mesoregionali costruite su ambiti specifici di speciale competenza dei territori anche per effetto della concorrenza con la Cina, l’India o gli stessi Paesi del Maghreb. C’è da chiedersi se sia sufficiente o se sia necessario uno sforzo ulteriore per cambiare queste produzioni.
L’affermazione culturale è un altro momento cruciale per dare effettività a questa legge. Il disegno di legge campano è apprezzabile proprio perché prima di essere un articolato normativo dotato di tecniche e strumenti di intervento, rappresenta un percorso culturale molto forte e importante. Fa propria una concezione del lavoro come strumento di libertà dal bisogno, ma non a qualsiasi prezzo; come mezzo di promozione e inclusione sociale delle categorie più deboli, senza divenire forma di baratto con una dote assistenzialistica; come strategia imprenditoriale vincente, e non come elemento di concorrenza sfrenata.
Da questo punto di vista, il disegno di legge si pone come un manifesto programmatico, pronto ad inaugurare un percorso di innovazione culturale ed emancipazione sociale; ma per far questo sarà necessario il consenso collettivo e una forte condivisione da parte di tutti i soggetti che agiscono sul territorio. L’elevato livello di concertazione che ha caratterizzato l’elaborazione del disegno di legge è già un buon segnale in tal senso. L’auspicio è che il livello di responsabilità dimostrato prosegua anche nella fase applicativa.
* Maria Cristina Cimaglia è Assegnista di ricerca in diritto del lavoro nell’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”. Fabio Corbisiero è Assegnista di ricerca presso il Consiglio Nazionale delle Ricerche – Istituto di Ricerche sulla Popolazione e le Politiche Sociali. Entrambi gli Autori collaborano, in qualità di Ricercatori, all’Area studi e ricerche dell’Associazione Nuovi Lavori.
** Il saggio prende spunto dalla ricerca “Approfondimento qualitativo relativo all’applicazione della legge 30/03 nell’ambito della Regione Campania” che gli Autori di questo articolo hanno condotto per l’Associazione Nuovi Lavori (Roma) su commissione dell’Isfol.
mercoledì 18 novembre 2009
Ancora sulla legge regionale per il lavoro
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