COMUNICATO STAMPA
Alcune delle più qualificate organizzazioni attive nel settore hanno presentato oggi
le proprie proposte al Governo
ROMA – Dinanzi all’allarme e al disagio che diversi cittadini e alcune collettività manifestano nei confronti del fenomeno prostituzione non ci sono scorciatoie: occorre tenere insieme la tutela dei diritti delle vittime, il contrasto delle organizzazioni criminali, le esigenze di sicurezza che – per essere tale – non può che venire declinata come “sicurezza sociale” e riguardare tutti. È questo il messaggio che alcune delle più qualificate organizzazioni che operano nel settore della prostituzione e della tratta – Asgi, Associazione Gruppo Abele, Associazione On the Road, Caritas Italiana, Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza (Cnca), Comitato per i Diritti Civili delle Prostitute, Comune di Venezia, Consorzio Nova, coop. Soc. Dedalus, Save the Children – hanno mandato oggi al Governo presentando un proprio documento di analisi e proposte.
Le organizzazioni firmatarie del testo sottolineano che la conciliazione di queste diverse esigenze è già praticata ogni giorno in tante città della Penisola: si tratta di quel “modello italiano” che ha fatto del nostro Paese il punto riferimento nello scenario internazionale in materia di tutela delle persone vittime di grave sfruttamento e di tratta. Un approccio che ha permesso di proteggere la persona sfruttata e vittima di tratta che decide di uscire dal racket; proporle occasioni di formazione e inserimento sociale e lavorativo; favorire la denuncia degli sfruttatori; rafforzare la collaborazione tra enti locali, associazioni, magistratura, forze dell’ordine; intervenire per gestire gli eventuali conflitti che si creano con i residenti.
I promotori del documento chiedono, perciò, al Governo – che sta elaborando un Ddl in materia di prostituzione – di rafforzare, per quanto gli compete, un modello che, tra le altre cose, ha portato il nostro Paese al primato negli arresti e processi per reati di tratta e correlati.
A tal proposito, le organizzazioni firmatarie ritengono che l’impianto della legge Merlin vada conservato, proprio perché ha permesso la nascita e la sperimentazione di questo modello. Dichiarano, perciò, la propria contrarietà a vietare la prostituzione in strada perché inefficace e controproducente in quanto criminalizza le vittime e non gli sfruttatori; permette che le reti criminali organizzino lo sfruttamento della prostituzione al chiuso; rende più difficile l’azione delle associazioni, diminuendo così nel contempo le possibilità per le vittime di uscire dal racket e denunciare gli sfruttatori. Insomma, il “giro di vite” che il Governo sembra intenzionato a varare avvantaggia, di fatto, gli sfruttatori e danneggia le vittime.
Per potenziare, invece, un modello di intervento che sta dando ottimi risultati, i firmatari del documento avanzano numerose proposte:
- formare Tavoli territoriali di concertazione aperti a tutti gli attori e attuare programmi di gestione dei conflitti nei territori in cui più forte è il senso di insicurezza;
- definire, finalmente, un Piano nazionale Anti-tratta;
- assicurare le speciali tutele di cui hanno diritto i minori;
- favorire il ricongiungimento dei familiari delle vittime di tratta;
- trasformare i progetti attivati dalle associazioni – i primi risalgono a otto anni fa – in servizi permanenti, finanziati con bandi pluriennali;
- formare le forze dell’ordine e gli operatori della giustizia sulle opportunità offerte dalla legislazione vigente;
- promuovere il Numero Verde in aiuto delle vittime di tratta;
- stabilire gli opportuni collegamenti (sia sul piano sociale sia investigativo e giudiziario) del nostro sistema nazionale con i Paesi d’origine delle vittime di tratta e con i Paesi di transito e destinazione;
- ratificare la Convenzione del Consiglio d’Europa contro la tratta.
Le organizzazioni promotrici del documento si attendono, infine, che il Governo pratichi – esso per primo – quel “metodo di lavoro condiviso” che appare indispensabile in un ambito così delicato e complesso, anche attraverso la valorizzazione del Comitato di coordinamento delle azioni di governo contro la tratta, attivato presso la Presidenza del Consiglio dei ministri.
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