giovedì 25 febbraio 2010

natalità

faccio appello, in particolare a chi si interessa di studi demografici, per chiedere un commento a questo "studio in sintesi" pubblicato da lavoce.info dal titolo "Figli e lavoro: due regioni, due storie diverse".. Il confronto è fra Emilia-Romagna e Campania e le variabili considerate sono il tasso di occupazione femminile (27,3% in Campania - 62,1% in Emilia-Romagna) e il tasso di natalità (1,42 in Campania - 1,47 in Emilia-Romagna). Il fatto che tra il 2008, anno in cui si chiude la forbice che divideva le due regioni (con tassi appaiati sul valore del 1,45%) storicamente caratterizzata da tassi di natalità più alti in Campania, e il 2009 in Campania il tasso scenda di tre punti mentre in Emilia-Romagna sale di due punti si spiegherebbe, secondo gli autori (Del Boca- Rosina) con i livelli fortemente differenziati dei servizi per le famiglie e degli strumenti di conciliazione (asili nido e simili). Non è tanto soprendente l'azzardo di questa interpretazione, considerati i livelli del divario tra i due tassi di occupazione (ben 35 punti), nè il senso generale di un confronto che si propone di valutare un fatto molto particolare (le politiche di conciliazione) utilizzando macrovariabili (fatti molto generali) che in sè contengono una pluralità di cause e di fattori intervenienti (quello più segnalato nei commenti è l'immigrazione). E' il clima culturale in cui si sviluppa questo studio, l'impronta progressista e l'autorevolezza dell'autrice e dell'autore quello che mi sorprende, la scioltezza con cui si presentano divari imbarazzanti che denunciano mondi diversi e ... la Campania. Alain Tourain ha commentato la condizione dell'occupazione femminile in Campania in un recente incontro di studio promosso dall'Associazione Rive Mediterranee che si è tenuto nella sala della Giunta Regionale della Campania e a cui ho avuto la fortuna di partecipare, come una condizione generalizzata di aperta demotivazione e di assenza di desiderio. Concetti a mio avviso estendibili anche alla questione della natalità. Mi soprende che la condizione della Campania, i 35 punti in meno nel tasso di occupazione femminile, siano e facciano da sfondo a una discussione sulla sussistenza di servizi e di diritti di alto profilo come quelli legati alla conciliazione senza che nessuno, nemmeno nella lunga striscia di commenti, si soffermi sull'aperta disuguaglianza e sull'assenza di diritti che oggi mostra la condizione generale di vita in Campania, delle donne e non solo. Ho torto?
susi veneziano

2 commenti:

  1. No, non hai per niente torto. Quello che mi viene da sottolineare, in aggiunta a quanto dici, e che mi lascia a dir poco interdetta, è come si riesca oggigiorno a disquisire di temi, pur importanti, all’interno degli angusti confini dei propri interessi scientifici (gli autori hanno di recente scritto un libro sul tema dei servizi di conciliazione) senza guardare più in profondità a fenomeni per i quali sarebbe necessario un ben altro bagaglio di analisi e di ipotesi interpretative.

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  2. Vanno sollevate alcune considerazioni sulla questione che riassumo per punti:
    1) è già da anni che osserviamo il fenomeno della denatalità nel mezzogiorno, e in Campania in particolare, nessuno - se non i demografi - ha mostrato attenzione al fenomeno;
    2) seppure ancora classificata tra le più giovani d'Italia in prospettiva la curva demografica della Campania è destinata ad un ancor più netto calo della natalità per effetto delle "ricadute" che demograficamente si avvertono con almeno 10 anni di differenza;
    3) la ripresa del fenomeno migratorio che ha spostato verso altre regioni (soprattutto del Centro-nord) in circa 10 anni quasi 700.000 persone ha un peso rilevantissimo considerato che la stragrande maggioranza di esse sono giovani tra i 18 e i 30 anni e, dunque, in età potenzialmente feconda;
    4) per riprendere il tema dei diritti, sicuramente questo fenomeno è collegato ad una affievolirsi (come sono buono!) del diritto allo studio e al lavoro, concausa degli spostamenti;
    5) Uno studio dell’Ires Campania sui dati ispettivi dell'Inail, delle forze di polizia, della Guardia di finanza, ecc. stima in circa 600.000 gli addetti coinvolti nel lavoro irregolare a fronte di un totale occupati pari a 1.700.000. Le donne lavoratrici, per stare ai valori cromatici, a lavoro nero e grigio sono stimate al 54% del totale, quindi più di 300mila soggetti senza alcuna garanzia, assistenza, diritti

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