giovedì 21 maggio 2009

Un patto

propongo un patto morale, a proposito di disoccupati e città in balia di....
in molte regioni e province d'italia vige la norma che le azioni di aiuto all'inserimento lavorativo indennizzate (corsi di formazione, cantieri di lavoro, work esperiences etc..) non possano interessare lo stesso destinatario per due cicli consecutivi, in pratica chi ha partecipato non può partecipare al ciclo immediatamente seguente (ovviamente non esistono proroghe). Questa regola, di difficile applicazione in condizioni di oggettiva difficoltà di sbocchi in uscita dagli interventi, può essere corredata da strumenti di indennizzo nei casi di dimostrato disagio sociale secondo i requisiti del reddito di cittadinanza vigente in Campania. Si potrebbero in questo caso e definitivamente evitare situazioni come quelle di isola, lsu ecc e restituire le politiche attive del lavoro alla loro natura di interventi che interagiscono e si integrano con le dinamiche del mercato del lavoro e ai quali hanno diritto tutti quelli che sono in posizione di svantaggio (disoccupazione-inoccupazione-precarietà-scoraggiameto) sul mercato del lavoro.
un indirizzo regolamentare di questo tipo è previsto anche dal Fondo Sociale Europeo, ma come si è visto viene facilmente aggirato ed eluso da maldestri e strumentali meccanismi inventati ad hoc dalle istituzioni di ogni livello per il caso napoli.
dunque il patto morale è varare al più presto possibile una legge regionale che introduca questa regola: un poco a te, un poco a me, per una più giusta convivenza civile, una più diffusa e riconoscibile solidarietà tra lavoro e non lavoro, una maggiore pressione sui meccanismi di uscita dai corsi-percorsi, e una più efficace proiezione verso il mercato e verso il lavoro. Il tutto magari anche con procedure di gestione un poco poco più trasparenti e meno indecenti di quelle che abbiamo avuto modo di conoscere.
sv

aggiornamento: ancora su Isola, Paolo Grassi, Il Corriere del Mezzogiorno, da napolionline.org

1 commento:

  1. Sono perfettamente d’accordo con l’idea di una legge regionale che introduca la regola di cui parli. Che ciò potrebbe garantire una maggiore equità e trasparenza nella distribuzione delle risorse e delle opportunità formative e quant’altro ai disoccupati nonché impedire l’uso strumentale che si è sempre fatto delle persone raggiunte da questi strumenti lo credo anch’io, ma qui mi fermerei.
    Quando parli di “una più diffusa e riconoscibile solidarietà tra lavoro e non lavoro, una maggiore pressione sui meccanismi di uscita dai corsi-percorsi, e una più efficace proiezione verso il mercato e verso il lavoro”, confesso che ho molti dubbi. Magari bastasse solo questo per garantire tutto ciò. Se la regola che proponi si richiama, infatti, ad un’opzione morale, per incidere sugli aspetti che ho evidenziato occorrono profondi cambiamenti di natura culturale e politica nell’approccio ai fenomeni della disoccupazione e dell’emarginazione sociale, auspicando i quali la proposta che avanzi può tuttavia costituire un buon inizio.
    Paola

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