domenica 17 maggio 2009

la città in balia dell'affare disoccupazione

aggiornamento del 20 maggio
Non siamo solo noi. dell'affare disoccupazione si interessa anche decidiamoinsieme, con disoccupati1 e 2 e con la collaborazione di un commentatore malpensante che si è messo con pazienza a riscrivere con interessantissime annotazioni le interviste di Viespoli e di Gabriele al Corriere del Mezzogiorno. Interviene anche l'assessore D'Antonio a cui l'assessore Gabriele nella sua intervista replica. Napolionline.org riporta i vari articoli di stampa sull'argomento.


La città in balia dell'affare disoccupazione

Viespoli
afferma che non tratterà con i disoccupati del progetto Isola, per dare vita a un'agenzia sociale in cui farli confluire, se non cessano le irruzioni violente nelle sedi di partiti e istituzioni, gli incendi di autobus e cassonetti, insomma se non fanno i bravi ragazzi. Non dice però che i bravi ragazzi avrebbe dovuto smettere di incontrarli da tempo, sin dall'inizio di questa storia. Non riesco proprio a digerire questo suo rigore di facciata a valle di un percorso d’interlocuzioni e di accordi che, costellato da episodi di violenza come quelli attuali, dura da anni e ha sempre prodotto risultati, conferme, proroghe. Isola è solo un tratto di un percorso che è in piedi dal 2003. Viespoli avrebbe dovuto smettere già a quel tempo, ha avuto tutto il tempo e il modo per comprendere, non ha scusanti, è stato ed è anche lui responsabile di quello che è accaduto e che accadrà.
E poi mi sembra davvero singolare il modo in cui si annuncia all'opinione pubblica una decisione già presa (da chi e come?) su un'agenzia dalla missione impossibile e dal costo di 60 milioni di euro (annui?), in pratica quanto quello del reddito di cittadinanza per l'intera regione, un robusto contorno dello spezzatino che dovrebbe contrastare la miseria in città.
Gabriele è peggio, non condanna nulla, da convinto sostenitore del lavoro a chi lotta e che tutto questo sia meglio della camorra. Lui è amico dei disoccupati, è capace di rapportarsi a loro con umanità e fermezza, di fermarli o di non fermarli come e quando vuole, li ricambia della fiducia e soprattutto del loro concreto sostegno se ci sono le elezioni, o quando il suo potere vacilla nel tavolo della trattativa, nel partito, in regione. E' lui che controlla e garantisce, da assessore regionale, quello che fa la provincia, gli enti di formazione, le cooperative ambientali, l'intera filiera del "progetto".Continua...

sull'argomento:
I 3mila disoccupati (molto) organizzati, scritto da Mariano Maugeri su Il Sole24ore, 17-05-2009 da napolionline.org
Così in regione si fabbricano voti e clientele, scritto da Ugo Marani su la Repubblica Napoli, 26-04-2009 da napolionline.org
L'ammuina per 600 euro al mese, scritto da Antonio Rossitto su Panorama, 7 maggio 2009
i testi collegati sono tratti da il mattino del 16/05/2009

6 commenti:

  1. In balia dell'affare Disoccupazione non c'è solo la città e noi che ci viviamo, ma come hanno già fatto notare in molti, è la nostra vita vissuta a sinistra che ne esce calpestata. Per anni ho considerato sindacalisti e politici come un po' burocrati, ma sostanzialmente dalla mia parte e dalla parte di chi lottava per lavorare. Da alcuni anni la maschera dietro cui si nascondeva la maggioranza di loro è caduta. Io non sto più con loro. E ho perso la mia storia.
    Quello che è peggio è che nel frattempo i disoccupati sono sempre più veri, sempre più poveri e sempre più ricattati.
    Uscire con la coscienza a posto da questa storia è davvero complicato e analizzare le cose che sono successe come si fa in questo post sono la sola strettoia a nostra disposizione.

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  2. una volta una mio carissimo amico, un compagno - e la parola aveva un senso, non era soo un'emozione - praticante l'ob iettivo del rifiuto del lavoro, ebbe il "posto", il posto al Comune. tempo pochi giorni e mi confidò: 'o pirò, cca ce vo' 'o cartellino, chiste hanna marcà 'o cartellino. io non lo capii, o feci finta di non capirlo, perchè era più facile avere a disposizione una bella filiera di slogan interpretativi e non avrei saputo farne a meno. oddio, ricominciare a pensare, dovetti, ignaro, pensare. ma il sospetto che il mio amico avesse ragione ormai si era incuneato: la libertà, la sua conquista, anche con stratagemmi, con le "pratiche" - magari dell'obiettivo - erano possibili solo se c'erano dei vincoli, qualcosa magari a cui anche ribellarsi. il "posto" aveva annichilito saperi e antropologie, culture e lotte, senso, costruzione di appartenenza. e ora eccoci qua, col rifiuto del lavoro rdotto a merce tra la politica come rifiuto del lavoro e bandiere rosse conficcate sullo status quo.
    ovviamente il pesce puzza dalla testa e poi la puzza arriva nella coda e negli organi interni. questo era quello che aveva capito il mio amico.
    ora l'alternativa pare solo il moralismo, dovunque, a destra e a sinistra e le politiche attive del lavoro vorrebbero contrapporre al "non vogliono lavorare" il ricatto di qualunque lavoro che, come la soluzione precedente, si basa sulla distruzione totale della didnità e dell'agency. consiglio, se posso, la lettura del saggio di Sordini ne "il futuro delle politiche pubbliche", di Donolo. l'articolo di un "esperto", di un funzionario addirittura, che critica le politiche attive e rilancia la sfida riprendendo Sen e Nussbaum; oppure rileggere il libro della balbo, infelicemente commentao a napoli poco tempo fa, che fondava i suoi ragionamenti - da nessuno raccolti, da nessuno indicati come spunto e matrice di pensiero - sul superamento, o sull'affiancamento, della categoria novecentesca del "lavoro" e sul rilancio della "cura" e del "lavorare". senza questi angoli di riflessione - ma, cari esperti, docenti, attivisti: se ci siete, sparate qualche colpo - come dice e.r., non se ne esce. fare politica culturale, per lo meno e per tramento, cambiare e costruire altri contesti di riferimento e altri frame in cui inquadrare i problemi, avere, almeno, forza e coraggio intellettuale, rimettersi a studiare fuori dalle nostre vecchie orme ormai inutili. altrimenti ci soffochiamo nelle pseudo sfide coi liberisti, alle prese col sffocante problema delle soluzioni tecniche senza frame, del pensiero unico e dell'oggettività.
    se vediamo sfocato, cambiamoci, veloci, le lenti.
    se no la soluzione la conosciamo: gabriè, o corrado, a seconda della familiarità e della consapevolezza di quale sia il nome e quale il cognome: vedimmo chello ca se po' ffa'...dacce 'na mano...
    avanti, popolo

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  3. susi, tutte storie che si ripetono uguali (o quasi) a se stesse da un trentennio: liste, voti, assalti, accordi, voti ... francamente nulla di nuovo. ti capisco, ma non so che dirti.

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  4. mi piacerebbe aggiungere all'eccezionalità del fatto che siano arrivati commenti anche le mail mandate da amiche e amici in via più privato-personale. l'insieme esprime consapevolezze e punti di vista tutti uno diverso dall'altro diversi ma tutti convergenti su
    a) la situazione è di merda
    b) si dovrebbe svoltare
    concordo sulla impostazione di salvatore che però non so perchè.... mi genera un'angoscia indescrivibile e credo che una pista su cui partire per approfondire ricerca, inchiesta e discussione politica sia (oltre alla ricostruzione storica dei movimenti di lotta per il lavoro cui fa cenno nel sui post daniela e su cui insiste da tempo giovanni) la composizione puzzle del reddito (e del lavoro e delle relazioni deboli e delle occasioni di socialità e apprendimento) nelle aree della esclusione sociale, come funziona e cosa esprime in termini di risorsa e vincolo (non allo sviluppo perchè con questa parola ho iniziato da poco a battagliare superando l'impasse di battagliare solo contro l'orientamento e la formazione), diciamo... all'equilibrio.
    grazie amiche e amici miei "no-clan"
    susi
    Tornando ai misfatti quotidiani del lavoro l'intervista di viespoli sul corriere è un'esemplare esposizione di come funziona il sistema leggetela con attenzione. Infine qualcuno è disposto a darmi un consiglio su dove me ne devo andare a lavorare?

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  5. sorry susi. ma non dipende da me. lo scatto iniziale deve essere un'epochè dei nostri vecchi frame, exploration + che exploitation. mi sembra interessante capire le forme di multireddito, anche al di fuori della griglia legale/illegale, fisso/precario. forse guardare a certune di queste forme potrebbe farci intraprendere la stradina di congiungere forme a politiche. confesso che anche la metafora dell'inclusione mi va un po' stretta, perchè non vedo + il "clausus" e no penso che starne fuori sia di x sè ...starne fuori, saluti in famiglia

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  6. mi associerei a e.r.
    Sull'unica strettoia a disposizione (non più la Strettola alle paludi, proprio strettoia) e anche sul fatto che: "Da alcuni anni la maschera ... è caduta. Io non sto più con loro. E ho perso la mia storia".

    Ché non si sta molto bene senza storia, ma tanto è ancora peggio tentare di restare attaccati a una storia che non c'è più.

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