L'uomo medio
Giuliano Santoro
«Idolatrato da milioni di persone, quest'uomo deve il suo successo al fatto che in ogni atto e in ogni parola del personaggio cui dà vita davanti alle telecamere traspare una mediocrità assoluta unita [questa è l'uni- ca virtù che egli possiede in grado eccedente] ad un fascino immediato e spontaneo spiegabile col fatto che in lui non si avverte nessuna costruzione o finzione scenica». Le parole con cui nel 1961, Umberto Eco descriveva il re dei quiz televisivi nella celeberrima «Fenomenologia di Mike Bongiorno» calzano a pennel- lo al successo di Silvio Berlusconi. Con la differenza che nel frattempo la «mediocrità assoluta» non è più parte del sollazzo serale, non è una trasgressiva ritirata nella banalità. Si è fatta aggressi- va e rumorosa, è diventata debordante. La raffinata costruzione del nulla preconizzata da Andy Wharol a proposito della società di massa ha fatto della medi- ocrità un modello vincente, che si comprende turan- dosi il naso e guardandolo dritto negli occhi, senza dimenticare che la comunicazione è sempre un campo di battaglia. Nel frattempo è accaduto che Mike fosse sul punto di intraprendere la sua terza vita televisiva. Dopo l'epoca pionieristica della Rai e l'avventura infarcita di televendite con le antenne abusive berlusconiane, il conduttore per antonomasia stava per approdare sulle parabole di Sky. Era stato reclutato dallo squalo dei media globale, pronto a sfidare il nazionalpopolare berlusconiano, accerchiato da ammiccamenti ironici [era davvero Mike o un'imitazione di Fiorello?] e con- dito con citazionismi postmoderni [come a dire «Non facciamo sul serio»]. Forse è stato troppo anche per un immortale della televisione. Oggi se n’è andato.
mercoledì 9 settembre 2009
l'ultimo mike
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