di Marino Niola
Il Mattino 02/08/2009
Una migrazione coatta. File di profughi del tempo libero in marcia verso la terra promessa del fresco. Verso uno scampolo di paradiso delle vacanze da afferrare in zona Cesarini. Un esorcismo contro la crisi che fotografa l’immagine di un paese sotto stress. Perché si tratta di uno scongiuro collettivo che non ha nemmeno la forza per sdrammatizzare la situazione. Per indorare la pillola. Non è nemmeno un liberatorio «vaffa» lanciato contro le ristrettezze obbligate, i sacrifici annunciati, i pronostici cupi delle Cassandre dell’economia. Insomma non è una partenza da poveri ma belli. Ma da italioti sull’orlo di una crisi di nervi. Perché lo spettro della crisi incombe su tutto e tutti. L’autogrill, la pompa di benzina, la reception dell’albergo, l’imbarco dei traghetti, le autostrade intasate si riempiono dei nostri fantasmi. Diventano i nostri spalti del castello di Elsinore. Ma se all’attonito e dubbioso Amleto appare il fantasma del padre che gli ricorda i suoi doveri, a noi, smarriti eroi del «vorrei ma non posso», appaiono ovunque i fantasmi del «low cost» e del «last minute». Che ci fanno venire un dubbio, quello sì amletico. Ma perché proprio oggi? E soprattutto che ci faccio qui? Insieme a milioni di deportati, tutti rigorosamente in pinocchietti e ciabattone, che probabilmente si fanno la nostra stessa domanda? Recitando uno sconsolato «essere-o-non-essere» di massa. Senza risposta. E senza possibilità di redenzione vacanziera. La folla solitaria che ingorga le autostrade, e che si è lanciata quasi all’unisono in una rincorsa collettiva, come i cavalli alle gabbie di partenza, ha qualcosa di sciatto, di coatto. Che ci rimanda l’immagine di un’Italia sbracata e rabbiosa, impaziente e isterica. Continua...
lunedì 3 agosto 2009
Più che un esodo è un Exodus
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solitudini
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