venerdì 27 febbraio 2009

Buon lavoro e dintorni: come si potrebbe spendere (pubblico) e lavorare (privato) in trasparenza e compagnia



Prendendo spunto, non chiedetemi come, dalle ronde, e con una certa deformazione non solo professionale, mi è venuta un'idea da proporre per Napoli e sul lavoro: un investimento di spesa pubblica caratterizzato dalla trasparenza/presenza/sussidiarietà, e non altro. Assistito ma non assistenziale. Una specie di fabbrica senza la fabbrica, il contrario della fabbrica diffusa, una fabbrica d'assieme, per produzioni di comunità, ma anche oltre, di buon mercato, intelligenza, creatività e innovazione.


Molto semplice. Laboratori (non lab-oratori) sociali: centri attrezzati per lavorare, che raccolgono come associati quelle e quelli che per lavorare gli manca qualcosa, soprattutto luoghi, attrezzature, vicinanza a casa, tempo, relazioni sociali, raccomandazioni, registrazioni, autorizzazioni, piccole somme per iniziare, oppure mancano di tutte, o particolaril, competenze (e lì fare la benedetta formazione iniziale).

Ho provato a immaginare i dettagli, eccone alcuni..... qui

3 commenti:

  1. mi piace, eccome.
    vorrei capire meglio, però.
    L'idea è bella e in linea con quella dei distretti di economia solidale che stiamo provando a promuovere anche con il GAS 'E Friarelli.
    Noi come cooperativa D&S Group lavoriamo da anni sui servizi per l'occupabilità soprattutto femminile, con grande fatica, e sui servizi di prossimità (o conciliazione che dir si voglia) che possono facilitare l'accesso al lavoro delle donne. Che intendi per contributo volontario delle imprese? il volontariato e l'erogazione gratuita di servizi? In questo caso avrei delle perplessità. Favorire il lavoro altrui senza il giusto riconoscimento del lavoro proprio? ne parliamo meglio?
    Penso che questa sia la strada, e come tutte le strade nuove si aprirà e sarà visibile se ci passiamo sopra in molti, facendo molte impronte.

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  2. già ci pensavo anche io ai distretti e al gas e l'idea amplia il campo andando più direttamente al punto del lavoro che non c'è (o è irregolare).
    anche mia figlia mi ha detto che non ha capito (niente) e che ci manca l'incipit. Riprovo:
    l'idea è di creare delle strutture di medie dimensioni in cui si mettono a disposizione locali e attrezzature per piccoli lavori da offrire a giovani, donne e altro che non hanno un lavoro o noi sono in condizione di svolgere un lavoro regolare. Avete presenti i mercatini attrezzati per mettere a disposizione spazi di vendita? lo stesso, ma per altri tipi di attività, e gratuiti, ovviamente destinati soprattutto a chi non ha ancora un lavoro, ma amche a molte donne che già lavorano, ad esempio per diffondere un tipo di telelavoro che non sia di isolamento a casa ma di avvicinamento a casa, o che lavorerebbeso solo a particolari condizioni.
    Quanto al contributo volontario privato sociale il campo delle possibilità mi sembra aperto a varie formule che collegherei maggiormente agli esiti e agli strumenti di premialità, ad esempio rimborsi ai contributi volontari in caso di buon esito, o recupero almeno parziale di finanziamenti a strutture terze fornitrici in caso di esiti manifestamente negativi.

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  3. Davvero una bellissima idea, forse troppo bella per essere realmente fattibile, ma ci si può sicuramente lavorare. Andrebbe intanto ritagliata su di una proposta più semplice e circoscritta, individuando priorità sia nella gamma di attività da promuovere che nelle fasce di soggetti da coinvolgere (primi fra tutti i più svantaggiati, i più deboli). Inizialmente il contributo delle istituzioni dovrebbe essere ridotto al minimo indispensabile, per evitare che ci si impantani o che si perdano di vista le finalità ispiratrici. Le competenze di quanti (giovani, donne, anziani) sono maggiormente attrezzati sia culturalmente che professionalmente andrebbero messe a servizio di coloro che queste competenze non le hanno, nella logica del buon lavoro che dovrebbe essere soprattutto quella di creare occasioni e opportunità per coloro che un lavoro (cattivo o buono che sia) non riuscirebbero mai a trovarlo. Più che pensare ad attività individuali, penserei ad attività collettive e quindi i laboratori servirebbero non solo per trovarvi quel “qualcosa che manca” ma anche per incontrare altre persone con le quali e per le quali fare. Più si coinvolgono in un progetto lavorativo soggetti deboli più si può usufruire delle strutture, dei servizi, del micro credito e così via….. questo per buttare giù le prime idee che mi vengono
    Paola Clarizia

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