lunedì 15 dicembre 2008

Una cittadinanza attiva e responsabile


Negli ultimi mesi, nella nostra città, si sono sviluppate esperienze positive di movimento dal basso e di costruzione di alternative al modello socio-economico dominante, sul tema dei rifiuti e della difesa dei beni comuni, sulla questione rom e immigrazione, per i cittadini senza fissa dimora che popolano Napoli, per poter garantire legalità, sicurezza, aumento delle condizioni di benessere collettivo, per il bene primario dell’istruzione.


Piccoli, deboli, ma bellissimi “segnali di fumo” di “indiani indipendenti” che si sono stufati di stare nelle loro riserve.

Esperienze che hanno mostrato anche un limite che ne ha depotenziato le diverse istanze: quello di rinchiudersi nei propri specifici, di pensarsi ognuno come portatore di “verità assolute”, di far prevalere l’idea dell’altro non tanto come risorsa, ma come possibile elemento contaminante e dannoso.

Per questo ci pare urgente avviare un processo che costruisca un ponte tra i tanti modi di fare una città diversa, che sia in grado di dare contenuti ad un progetto per la città, che si prenda cura del “pubblico”.


Per farlo realmente, occorre che ciascuno di noi si senta parte, si metta in relazione attiva e costruttiva con le aggregazioni che si sono create nel territorio, stringendo un patto sociale per riconoscere e contestualizzare in alleanze le differenze, per avviare un processo di scambio e di iniziativa comune e condivisa, che provi ad aprire un diverso ciclo politico, con l’obiettivo di costruire una forma solida e strutturata di organizzazione della cittadinanza responsabile
Vi proponiamo di provare insieme a costruire uno spazio comune e continuativo per le nostre esperienze, di intraprendere insieme un percorso, rispettoso delle differenze e delle autonomie, un movimento a forte responsabilità sociale, trasparente e democratico nel suo evolversi, preciso nella definizione dei contenuti e dei suoi obiettivi, che sia in grado di parlare e coinvolgere anche chi non ha forza alcuna per eccesso di degrado, di povertà, di dipendenza, di paura, di bisogno.
Un percorso chiaro nel segnare indipendenza e autonomia dai “palazzi”, lontananza dalle forme degradate della politica tradizionale, non radicalmente e ottusamente chiuso o qualunquisticamente apolitico, ma capace di continuare a privilegiare un’idea di politica centrata sull’interesse collettivo e non sull’uso privato della cosa pubblica.


Se vogliamo che Napoli rinasca deve avere vita una cittadinanza attiva e responsabile che prema sulle istituzioni cittadine e regionali.

2 commenti:

  1. Lo sviluppo di una cittadinanza attiva è proprio ciò di cui ci occupiamo su http://www.cittadipartenope.it.
    Città di Partenope è la voglia di distinguersi da tutto questo e di riprendersi in mano il proprio destino, di gridare forte contro chi ha rovinato Napoli: “Se quelli sono napoletani, allora noi siamo partenopei”. E’ il nome perfetto di un’idea, perché dà il senso della diversità, perché fa sentire l’orgoglio di provenire da una storia antica.
    Città di Partenope è un’identità. E’ un vestito messo addosso a un sentimento. Esiste già nel cuore di migliaia e migliaia di persone. Per questo coinvolge, contagia, calamìta, avvince.
    Noi cittadini di Partenope intendiamo sviluppare la cultura civica, il senso della legalità e dello Stato e abbiamo l’ambizione d’incidere sulla vita cittadina attraverso iniziative concrete. Chi entra nella Città e si unisce al nostro impegno, viene iscritto di diritto nell’ “anagrafe comunale” di Partenope. Tutti gli iscritti vengono automaticamente riconosciuti non come soci ma come “cittadini”, ricevono non una tessera ma una “carta d’identità”. L’unico ma vincolante impegno per chi vi aderisce è quello di sottoscrivere e osservare il codice etico della Città. Una specie di galateo nel quale riconoscersi tutti.
    In questo modo vogliamo anche riconquistare regole minime di convivenza.
    Oggi siamo già mille cittadini, ma più siamo meglio è.
    Pensiamo a una città diversa insieme!

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  2. "BUON ANNO A TUTTI... meno che a uno, anzi mezzo"!

    Come sarà il 2009? Non c’è nessuno - ma per chi ci crede ci sono i soliti oroscopi - che abbia le carte in regola per formulare previsioni attendibili circa il nostro futuro prossimo. Non sappiamo se ci sarà un collasso dell’economia. Non sappiamo se la crisi durerà uno o più anni. Non sappiamo se il prezzo del petrolio salirà o scenderà. Non sappiamo se ci sarà inflazione o deflazione, se l’euro si rafforzerà o si indebolirà. Non sappiamo se gli Usa del nuovo-Presidente saranno diversi da quelli del Presidente-guerrafondaio. Non sappiamo se Istraele e Palestina continueranno a scannarsi per tutta la vita. Non sappiamo nada de nada! La stampa, i politici, i sindacati, tacciono! Stra-parlano soltanto di federalismo, riforma della giustizia, cambiamento della forma dello Stato, grandi temi utopici che vengono quotidianamente gettati ad una stampa famelica di pseudo-notizie, mentre i veri cambiamenti si stanno preparando, silenziosamente, nelle segrete stanze. Comunque, anche se i prossimi anni non ci riservassero scenari drammatici, e la crisi dovesse riassorbirsi nel giro di un paio d’anni, non è detto che l’Italia cambierà davvero sotto la spinta delle tre riforme di cui, peraltro, si fa fino ad oggi solo un gran parlare. Del resto, non ci vuole certo la palla di vetro per intuire che alla fine la riforma presidenzialista non si farà (e se si farà, verrà abrogata dall'ennesimo referendario di turno), mentre per quanto riguarda le altre due riforme - federalismo e giustizia - se si faranno, sarà in modo così... all'italiana che porteranno più svantaggi che vantaggi: dal federalismo è purtroppo lecito aspettarsi solo un aumento della pressione fiscale, perché l’aumento della spesa pubblica appare il solo modo per ottenere il consnenso di tutta "la casta", e poi dalla riforma della giustizia verrà soltanto una "comoda" tutela della privacy al prezzo di un'ulteriore aumento della compra-vendita di politici, amministratori e colletti bianchi. Resta difficile capire, infatti, come la magistratura potrà perseguire i reati contro la pubblica amministrazione se "la casta" la priverà del "fastidioso" strumento delle intercettazioni telefoniche. Così, mentre federalismo, giustizia, presidenzialismo, occuperanno le prime pagine, è probabile che altre riforme e altri problemi, certamente più importanti per la gente comune, incidano assai di più sulla nostra vita. Si pensi alla riforma della scuola e dell’università, a quella degli ammortizzatori sociali, a quella della Pubblica Amministrazione. Si tratta di tre riforme di cui si parla poco, ma che, se andranno in porto, avranno effetti molto più importanti di quelli prodotti dalle riforme cosiddette maggiori. Forse non a caso già oggi istruzione, mercato del lavoro e pubblica amministrazione sono i terreni su cui, sia pure sottobanco, l’opposizione sta collaborando più costruttivamente con il governo. Ma il lato nascosto dei processi politici che ci attendono non si limita alle riforme ingiustamente percepite come minori. Ci sono anche temi oggi sottovalutati ma presumibilmente destinati ad esplodere: il controllo dei flussi migratori, il sovraffollamento delle carceri e l'emergenza salari. Sono problemi di cui si parla relativamente poco non perché siano secondari, ma perché nessuno ha interesse a farlo. Il governo non ha interesse a parlarne perché dovrebbe riconoscere un fallimento: gli sbarchi sono raddoppiati, le carceri stanno scoppiando esattamente come ai tempi dell’indulto e gli stipendi degli italiani sono i più bassi d'europa. L'opposizione non può parlarne perché ormai sa che le sue soluzioni-demagogiche - libertà, tolleranza, integrazione, solidarietà - riscuotono consensi solo nei salotti intellettuali. Eppure è molto probabile che con l’aumento estivo degli sbarchi, le carceri stipate di detenuti, i centri di accoglienza saturi, ed il mondo del lavoro dipendente duramente provato da un caro prezzi che non accenna a deflazionare, il governo si trovi ad affrontare una drammatica emergenza. Intanto, in Italia prosegue la propaganda dell'ottimismo a tutti i costi: stampa, sindacati e politica ci fanno sapere solo ciò che fa più comodo ai loro giochi, e "noi"- a forza di guardare solo dove la politica ci chiede di guardare - rischiamo di farci fottere. Buon Anno!

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