sabato 4 ottobre 2008

Zi'curezza, un nanetto....

Ieri un tale, romano, di origini sindacali e oggi burocrate all'apparenza soddifatto, raccontava, parlando della Danimarca, che lì sono in pochi, che c'è un fortissimo controllo sociale, che sono tutti al sicuro, tranquilli, un poco tristi ma buoni. Che lì a lui capitò, un giorno, di vedere una ragazza in difficoltà che spingendo la bicicletta per attraversare la strada perse un pacchetto dal portapacchi e, per prendere il pacchetto, fece cadere la bicicletta. Lui la guardava senza fare nulla, ha raccontato tranquillo, perchè "che ne puoi sapè se nun te tirano 'na coltellata..." e ad un certo punto, un signore sopraggiunto in auto iniziò a suonare il clacson e a gesticolare verso di lui, facendogli capire "ma che fai non l'aiuti?", che proprio non si spiegava come lui non fosse corso a dare una mano. "Capite? - ha concluso - Quello aveva ragione! Ma se ti capita una cosa così a Roma, chisse move? che ne puoi sape' se non te tirano 'na coltellata? Così ormai noi ci siamo abituati".

1 commento:

  1. Il razzismo dell'Italia di Berlusconi a Napoli


    Ma voi prendete l'esca, si che l'amo
    dell'antico avversaro a sé vi tira
    pero póco val freno o richiamo
    (Dante – Purgatorio vv 139-141)


    Assistiamo su tutto il territorio nazionale, ormai già da alcuni mesi, ad una inquietante collezione di aggressioni, squadristiche ed individuali, ai danni degli immigrati e degli antirazzisti. La città di Napoli, bersaglio mediatico da quasi un anno da parte della coalizione politica guidata da Berlusconi, ha visto in pochi mesi l'orribile Pogrom incendiario dei campi Rom di Ponticelli e le aggressioni squadristiche agli innocui immigrati di Pianura.
    Nuovi e vecchi imprenditori politici della paura agitano senza scrupoli le paure irrazionali del “sottoproletariato” napoletano dei quartieri più degradati, veicolando odio razzista per nascondere i più biechi interessi speculativi ed immobiliari e non esitano ad accordarsi con la camorra, che si propone loro come rapporto di forza, per promuovere e giustificare la “furia popolare”. L'esposizione mediatica che ne consegue, ed il raggiungimento dell'obiettivo, riconosce nei fatti un tributo sia a quei “cittadini”, una massa di disperati che non ha più nulla da perdere, promossi al ruolo di vittime del degrado e dell'insicurezza, sia alla camorra, a cui viene affidato (nei fatti!) un ruolo di difesa del territorio.
    Tutto ciò avviene mentre la fine del “rinascimento napoletano” lascia sul terreno le macerie dell'assenza totale di presidi democratici credibili, di riferimenti istituzionali in grado di rappresentare propulsivamente i bisogni e gli interessi dei cittadini napoletani ed immigrati, di un Terzo Settore in grado di criticare le mancanze istituzionali senza per questo sprofondare ancora di più verso il basso, di partiti politici in grado di uscire fuori dalle stanze, dove si discute se stare oppure no agganciati ad un treno che si sta inesorabilemnte fermando, e fare un bilancio reale delle perdite, prima che un vero diluvio antropologico, sociale e morale anneghi tutti .
    Mentre la rappresentazione televisiva della violenza di “strada” prende il sopravvento, ci si trova di fronte alla perdita totale di una pedagogia del conflitto sociale, alla solitudine degli attori sociali, all'arroganza di politicanti vecchi e nuovi che hanno scoperto nuove sterminate praterie, tra le voragini dell'azione amministrativa di questi anni, per far crescere il loro consenso in nome di una “sicurezza” che non fa mai i conti con i problemi veri della città.
    Nel deserto del reale vengono tutti al pettine i nodi di una politica che da un quindicennio predica “il decentramento abitativo” mentre le periferie si impoversicono socialmente, che concepisce la spesa sociale esclusivamente come una elemosina ed un campo per impegnare una parte della forza lavoro disponibile in città, che rifiuta di fare i conti con il fenomeno dell'immigrazione (oltre 70.000 immigrati mediamente ben istruiti e con un bagaglio professionale a Napoli provvisti di permesso di soggiorno!). Gli immigrati a Napoli vivono in un Apartheid di fatto e non trovano in città istituzioni, strutture e programmazione sociale in grado di venire incontro alle esigenze più elementari: casa, centri di accoglienza, formazione professionale, corsi di italiano, sostegno scolastico, mediazione culturale in ambito sanitario, luoghi di culto, partecipazione sociale, culturale e politica, etc.
    Nel frattempo viene dispiegata dal governo Berlusconi tutta una strategia di militarizzazione sociale e territoriale, un nuova “strategia della tesnione”, basata sulla paura e sulla restrizione delle libertà fondamentali, sul rifiuto di riconoscere diritti politici e di cittadinzanza agli immigrati, sulla discriminazione mediatica, sulla provocazione, sull'invenzione dell'emergenza nazionale attraverso le ordinanze previste dalle leggi sulla protezione civile, sulla narrazione del fenoneno dell'immigrazione come fenomeno collegato alla sicurezza pubblica, sulla militarizzazione del permesso di soggiorno, sull'apartheid sociale, etc.
    Sullo sfondo della crisi economica, mentre si taglia la spesa sull' istruzione e per il welfare municipale, mentre viene predisposta una riforma federale che rischia di aggravare ancora di più le condizioni di disagio sociale delle fasce più deboli (sopratutto nel meridione d'Italia), “spacciatori” di stereotipi colpevolizzanti promettono ai cittadini napoletani di essere esentati in futuro dalla convivenza con gli immigrati, in cambio di finanziamenti per il risanamento urbanistico .
    E' questo, ce lo ricorda Roberto Saviano, l'inquietante scenario che fa da sfondo anche alla strage di Castelvolturno, dove 6 lavoratori immigrati innocenti sono stati massacrati: per intimidire gli immigrati, per cacciali via, per fare posto al sogno ridicolo di una “Malibu” del litorale domizio, una nuova colata di cemento che dovrebbe prendere posto tra le palazzine abusive ed il degrado ambientale.

    Di fronte a questo, di fronte a questa tragedia sociale, è necessario che tutte le forze civili e democratiche della città alzino la soglia di attenzione, che si ritorni nei territori per ricostruire un tessuto di mediazione con le fasce più disagiate della popolazione, che ci si proponga di ricostruire una narrazione che abbia uno sbocco nella cultura della convivenza e della partecipazione democratica, che si abbia il coraggio, tutti, di guardare le macerie che abbiamo di fronte e di rimboccarsi le maniche.
    Ed è necessario fare presto...prima che sia troppo tardi.




    Emiliano Di Marco

    Assopace Napoli

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