venerdì 23 maggio 2008

IL riformismo che non c'è

Il Riformismo che non c’è
 Carlo Donolo, intervista a Una città


La domanda riguarda i destini della sinistra in Italia…
Già, l’eterna interrogazione sulla sinistra che oggi, nel contesto europeo, forse si può declinare in un’interrogazione sul destino del riformismo. E parto col dire che il riformismo oggi fa parte di uno scenario in disuso. A mio avviso il riformismo è tale se va a toccare alcuni nodi cruciali, che una volta chiamavamo le grandi questioni nazionali. Oggi, invece, si tende a confondere le questioni del paese con le questioni dell’inserimento del paese nei processi globali.

Molte cosiddette riforme sono disegnate per permettere all’Italia di adattarsi alla competizione globale. Questo poi ha delle ripercussioni sociali molto gravi, per esempio in termini di disparità territoriale di tipo nuovo e quant’altro, che questo riformismo comunque non copre più. E’ un riformismo, fra l’altro, talora ispirato da quei teorici che hanno propugnato la flessibilizzazione del lavoro, un certo smantellamento del welfare e via andando. Prima si diceva “lib-lab”, adesso si dice “lib” e basta.
Spesso sono riforme suggerite, in qualche caso imposte, dall’Unione Europea: la riforma della Pubblica Amministrazione, oppure il modo di fare le politiche pubbliche, la politica ambientale, la riforma del 3+2 nell’Università, in una logica di modernizzazione del paese, che confina, ma non coincide, con la definizione del riformismo come capacità culturale e politica di individuare, e attrezzarsi poi per trattare, le grandi questioni nazionali.Quindi in realtà regna, dal punto di vista della semantica, certamente una grande confusione, ma direi essenzialmente un abuso.


Continua...

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